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IL PROBLEMA ELIMO: ARCHEOLOGIA E MITO
Leonardo D'Asaro - Archeoclub di Partanna.


Partendo dalla concreta possibilità che le due più note città della Sicilia protostorica, Inico e Camico fossero da identificare con Calatubo e con l'insediamento sul Bonifato (L. D'Asaro, Minosse e Cocalo, mito e storia nella Sicilia occidentale), sono state affrontate alcune problematiche relative ad alcune località ed ai fatti storici connessi alla fondazione delle colonie greche nella Sicilia occidentale, che determinarono una perenne conflittualità tra Cartaginesi e Greci.
Ne è derivata una più corretta conoscenza degli antichi nomi Alykos e Lykos, oggi identificabili con il fiume Salso e con un torrente denominato Lupo. Ciò consentiva di conoscere meglio i trattati di pace tra Cartaginesi e Siracusani in cui i due fiumi figuravano come confine (383 a.C. Diodoro XIV, 17, - 339 a.C. Diodoro XVI, 82 - Plutarco, Tim. 34).
Considerando che Inico, Camico, Makara-Minoa ed i luoghi del mito di Minosse si trovavano in area elima, ed i fatti narrati accaduti in un'epoca vicina a quella espressa dal mito troiano, riportato nell'archeologia di Tucidide inevitabilmente il mito di Minosse e Cocalo è apparso un costruttto mitologico per spiegare che l'etnos elimo, composto da gruppi misti di Sicani e di Cretesi.
Perciò esso era una variante mitologica della tradizione di Tucidide (6, 2, 3) che voleva che gli elimi erano i discendenti dei Troiani che erano scampati all'incendio della loro Città e si erano rifugiati nella Sicilia occidentale presso i Sicani con cui convivessero.
La contestazione dell'esistenza di due costrutti mitici sovrapponibili rese palpabile la motivazione che stava alla loro radice e la perdita di significati storici anche se il loro nocciolo nasconde fatti che andavano decodificati.
Ormai appare evidente che essi altro non erano che costrutti di fantasia creati in circostanze di comodo per giustificare l'interesse di supremazia politica sugli Elimi che gli Ateniesi spiegarono col mito Troiano che sfruttarono ogni qualvolta se ne presentò l'occasione (Braccesi) ed i Cretesi di Agrigento col mito di Minosse.
Purtroppo il mito di Minosse non parlava esplicitamente di Elimi, perciò era stato considerato parte di quel complesso mondo mitologico greco a cui veniva dato significato più vicino alla sfera religiosa senza alcun contenuto storico.
Il mito troiano, invece, agganciato alla fine di Troia ed all'etnos egeo anatolico poteva benissimo giustificare l'arrivo concreto di un gruppo egeo nella Sicilia occidentale, che addirittura gli storici antichi tramandarono col nome di Elimi.
L'esame compiuto sul dato letterario ha offerto la possibilità di verificare che tutti gli storici riferirono lo stesso argomento in maniera diversa. Il fatto trova una spiegazione solo se si ammette che le varianti erano provocate da interessi impliciti a manipolare i fatti storici per adattarli alle necessità di stirpe dei coloni greci insediatisi nella Sicilia o alle necessità di Atene interessata alla colonizzazione della Sicilia con la famosa spedizione del 415 a.C..
L'unico dato certo desumibile dall'esame dei racconti mitici e quello che aggregato un gruppo di gente egea, identificabile con i troiani di Tucidide o con i Cretesi di Minosse, entrambi etnie legate al mondo egeo.
Partendo da questo presupposto, poichè la fantasia religiosa dei Greci creò le due variabili mitologiche (i Troiani e Minosse), che portavano al mondo egeo, gli Elimi fovevano effettivamente essere una popolazione che tradiva legami arcaici col mondo di Minosse o dei Troiani, identificabile col mondo miceneo.
Andando a verificare nelle risultanze archeologiche se vi sono tracce di presenze egee sul suolo isolano, queste sono talmente evidenti che hanno spinto parecchi studiosi (Margherita GIuffrida, Vincenzo La Rosa, etc.) a parlare apertamente di "Micenei". Essi lasciarono abbondante testimonianza della loro cultura in Sicilia: dallo schema urbanistico di Thapsos, all'anactorion di Pantalica, alla tholos delle tombe a grotticella.
Tale peculiarità sono legate alla cultura di Thapsos, che si diffuse ampiamente dalla costa jonica fino alle più lontane regioni occidentali dell'isola.
Con l'avvento di genti peninsulare comunemente note come Ausoni, Thapsos perdette il suo ruolo economico-commerciale con l'Egeo, segno evidente che interrompere i contatti commerciali tra Thapsos e l'Egeo. Nello stesso momento in cui Thapsos entra in crisi cominciano a fiorire enormi ed importanti centri dell'entroterra che manifestano una cultura identica a quella di Thapsos: Pantalica nord, Caltagirone etc..
Dalle risultanze ercheologiche traspare la netta contrapposizione tra la cultura di Thapsos e quella Ausonia, tanto che non traspaiono scambi commerciali fra di loro.
Per i periodi successivi sono documentati nuovamente scambi commerciali, ma questi riguardano centri indigeni che lasciavano trasparire influssi thapsiani.
Ben presto alla prima ondata di gente peninsulare ne seguì un'altra che riuscì a creare nella Sicilia orientale dei capisaldi da cui poterono controllare la Sicilia orientale.
Ciò determinò una suddivisione della Sicilia in due settori identificabili convenzionalmente in base al racconto di Tucidide con i Siculi e Sicani. Ma una simile distinzione significa che non vi erano differenze notevoli tra i Sicani ed i Siculi, perchè questi ultimi erano Sicani che erano entrati a far parte nella sfera di influenza politico-militare commerciale con gli Ausoni. Perciò correttamente Diodoro afferma che vi era notevole affinità.
Con l'arrivo degli Ausoni probabilmente le popolazioni thapsiane (i Micenei) arretrò in un entroterra che avevano condizionato culturalmente, fondando i centri Pantalica nord, di Caltagirone, Dessueri, Sabucina.
Successivamente continuando ad arretrare si stabilì nell'area del trapanese la cui presenza traspare in maniera netta a Mokarta, Timpone Pontillo, S. Ciro, Torre Donzelle Castellaccio di Poggioreale, Ulina.
A Mokarta i dati forniti dal Mannino e dalla Spatafora sembrano dare una risposta archeologica alla problematica elima. Infatti all'inizio della fase finale dell'Età del Bronzo l'insediamento ricevette l'apporto di un nuovo gruppo etnologicamente affine al vecchio, ma chiaramente portatore di una cultura che rea in possesso delle caratteristiche "micenee" individuabili in Pantalica-nord.
Tale componente etnica di Mokarta si prestava per la costruzione mitologica di Tucidide e quella agrigentina di Minosse.


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